“Accogliamoci” alla Festa dell’Unità

Guidonia_AccogliamociIl primo di tre eventi organizzati dalla rete Big Bang nell’ambito della Festa dell’Unità del PD Provincia di Roma si è svolto ieri a Guidonia alla gradita presenza di Angelo Rughetti, sottosegretario alla Semplificazione e alla PA del governo Renzi.

Traendo spunto dalle due delibere di iniziativa popolare Accogliamoci, da poco depositate in Campidoglio con oltre 6000 firme, la serata ha promosso un confronto concreto e diretto sui temi dell’accoglienza ai rifugiati e il superamento dei campi rom.

Guidonia_Accogliamoci5Valentina Grippo, consigliere capitolino con delega al turismo, ha sottolineato la necessità di una risposta coordinata a questi fenomeni, che sono ormai da considerare come strutturali e non emergenziali, mentre Simone Guglielmo , consigliere a Guidonia, ha ribadito la necessità che anche nel suo Comune l’amministrazione applichi il metodo SPRAR (sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati),  come previsto dal piano sottoscritto e finanziato tra il Governo e l’Associazione dei Comuni Italiani (ANCI) affinché le risorse economiche impiegate servano a favorire un percorso condiviso e civile finalizzato non più alla mera allocazione dei rifugiati bensì alla loro reale integrazione e coesione sociale.

Guidonia_Accogliamoci 3A illustrare le proposte è intervenuto Leonardo Molinari, dell’associazione Radicali Roma promotrice della campagna Accogliamoci.

Guidonia_Accogliamoci 2La serata si è conclusa con il saluto del sottosegretario Rughetti e del senatore Lucherini.

Malaffare, malapolitica, Malagrotta

Venerdì 24 aprile abbiamo presentato insieme all’autore Massimiliano Iervolino il libro “La guerra dei rifiuti”.  Il libro fà luce in modo molto puntuale e documentato su alcuni eventi  (la chiusura della megadiscarica Malagrotta e la ricerca di un invaso sostitutivo)  che hanno pesantemente interessato la nostra zona e che non si sono conclusi, dato che Roma è ancora faticosamente alla ricerca di una soluzione al problema dello smaltimento dei suoi rifiuti. Ringraziamo i cittadini che hanno partecipato al dibattito, fra cui alcuni rappresentanti del Comitato “Magliano No discarica”

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MALAGROTTA: LE CONNIVENZE DELLA POLITICA 

All’inizio del suo intervento, Iervolino ha rapidamente ripercorso le vicende che hanno portato alla chiusura di Malagrotta (compresa la ricerca di invasi temporanei sostitutivi in prossimità di Riano e Tivoli).

Nella sua analisi, il fenomeno “Malagrotta” nasce da un rapporto di connivenza fra Cerroni e l’amministrazione romana (anche pre-Alemanno). La convenienza dell’accordo, per la parte politica, era di smaltire i rifiuti a prezzi bassi, tollerando in cambio il fatto che tali rifiuti fossero smaltiti come tal quale (e quindi in modo altamente inquinante per l’ambiente).

I soldi risparmiati sono serviti a nutrire clientele/bacini elettorali e hanno creato una rete che sarà difficile da smantellare (una pratica generalizzata: come esempio in generale, Iervolino ha indicato la Sicilia, dove esistono oltre ben 27 autorità d’ambito ciascuna con proprio consiglio di amministrazione, formato da politici non eletti o parenti di politici, a cui si aggiungono migliaia di assunzioni clientelari, come sancito da un’indagine della Corte dei Conti).

A Roma, a fare le spese di questa pratica è stato tutto il quadrante ovest di Roma (la zona di Malagrotta, Valle Galeria ecc.).

CHI HA CHIUSO MALAGROTTA? IL RUOLO DELL’EUROPA

La chiusura di Malagrotta è avvenuta grazie all’azione di pochi cittadini che hanno denunciato lo smaltimento illegale alla Commissione europea, fatto che ha portato Bruxelles ad avviare una procedura di infrazione. E’ questo un aspetto che viene spesso sottovalutato. Le procedure di infrazione, laddove si trasformano in doppie condanne della Corte di Giustizia, hanno un costo considerevole per lo Stato italiano, e sembrano essere l’unica strada che sortisca risultati.

Qualcuno dal pubblico ha notato che si tratta sempre di soldi pubblici, ipotizzando quindi che questi soldi vengano spesi allegramente. I fatti però sembrano indicare che non è così.

Costretta dalla procedura europea, ma forse anche allettata dalla possibilità di sostituirsi all’ormai anziano Cerroni, la regione Lazio (guidata dalla Polverini) si è attivata per chiudere la discarica, creando una propria partecipata a cui far gestire, insieme ad altre società, il business dei rifiuti (Lazio Ambiente SpA) e cercando dei siti sostitutivi “temporanei”.

Su questo si è scontrata nuovamente con l’opposizione popolare e, forse più significativamente, con il governo Monti che non l’ha politicamente coperta come in precedenza aveva fatto Berlusconi. Malagrotta è stata così chiusa senza deroghe nell’ottobre 2013. All’azione contro Cerroni si è poi aggiunta quella della magistratura, che lo ha arrestato nel 2014.

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LA GESTIONE DEI RIFIUTI A ROMA: COSA ASPETTARSI?
Il problema della gestione dei rifiuti a Roma resta, anche se si stanno compiendo dei passi in avanti con la differenziata (l’unica prassi che ci può tutelare dalle discariche). Il Comune di Roma sta anche elaborando un piano basato su una suddivisione del suo territorio in quattro ecodistretti, ma su questo aspetto ancora non c’è molta chiarezza.

Iervolino però ritiene che la ricerca di un invaso sostitutivo a Malagrotta sia stata definitivamente abbandonata, dopo il no di Marino a Falcognana. Nel frattempo altre discariche sono state chiuse (Cupinoro, per es.). La strada intrapresa è necessariamente quella della differenziazione, del riciclo e del trattamento dei rifiuti, anche se per questo servono infrastrutture (e i risultati arriveranno con il tempo).

Il vero punto debole della situazione istituzionale attuale è invece la Regione Lazio che non ha ancora rinnovato l’attuale piano regionale dei rifiuti, ed è sostanzialmente silente sul problema. Probabilmente a questo immobilismo contribuisce anche la sensazione di essere sotto controllo stretto, sia da parte della magistratura, sia da parte dei cittadini che non si fidano più di nulla. Al riguardo Iervolino ha citato con qualche stupore il fatto che alcuni cittadini si oppongano anche alla costruzione di impianti di compostaggio.

Sull’utilità di un’anagrafe dei rifiuti, (come di recente attuata dal Comune di Roma e di Rignano Flaminio), Iervolino ha confermato come questa serva soprattutto ad allargare il numero delle persone che possono controllare come viene gestito l’intero ciclo dei rifiuti. Soprattutto giornalisti, analisti politici, ma anche associazioni civiche e cittadini.

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IL DIBATTITO
L’incontro si è svolto in modo abbastanza informale, con osservazioni e domande dal pubblico per gran parte della durata dell’intervento. In generale, gli interventi del pubblico hanno espresso molta sfiducia, non solo nei confronti delle autorità, ma anche verso i cittadini. Il modo in cui anche noi cittadini non riusciamo ad attuare la differenziata è chiaramente una fonte di sofferenza diffusa.

La guerra dei rifiuti

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Venerdì 24 aprile continua il nostro dibattito su politica e legalità.

Partiamo da un altro tema caldo, quello della gestione dei rifiuti, e ne parliamo con Massimiliano Iervolino radicale, estensore della proposta sull’anagrafe pubblica dei rifiuti di recente avviata dal Comune di Roma e consulente della commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti.

Il suo libro “Roma, la guerra dei rifiuti” ci aiuta a ripercorrere gli eventi degli ultimi anni relativi alla discarica di Malagrotta (e, nella nostra zona, Riano).

L’evento si tiene presso la Biblioteca Comunale di Rignano Flaminio. Modera il dibattito Romolo Bali, direttore de Il Nuovo.

Palazzo di vetro: un incontro sulla corruzione

La presentazione del libro Il Palazzo di vetro con Riccardo Corbucci, svoltasi venerdì 13 febbraio a Rignano Flaminio presso la Biblioteca comunale, ci ha offerto l’occasione di discutere in modo aperto e informale del tema della corruzione.  Di questa opportunità di confronto ringraziamo tutti i cittadini presenti, fra cui il sindaco di Rignano Flaminio.

Palazzo di vetro_riccardoLa serata ha ovviamente preso le mossa da “Il Palazzo di vetro”, un libro in cui Riccardo Corbucci, in modo convintamente pragmatico, affronta la piaga endemica della corruzione in Italia analizzando gli strumenti normativi concepiti per contrastarla. Strumenti che, come ha significativamente ricordato Corbucci, sono stati introdotti dal legislatore solo dal 2012, a quasi vent’anni da Tangentopoli.

Dopo aver raccontato la sua esperienza personale nelle note vicende dei Mondiali di Nuoto Roma 2009, Corbucci ha notato come l’accelerazione verso norme più stringenti in materia di trasparenza, imposta dall’Unione europea, ci obblighi finalmente a vedere la corruzione per quello che realmente è: non una questione solo morale e moralistica, bensì come la fonte di un danno economico certo che attenta al benessere collettivo, affossando la meritocrazia, falsando la concorrenza e promuovendo la produzione di beni e servizi (pubblici e privati) di qualità subottimale (o spesso chiaramente mediocre).

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Ma la corruzione è anche il veicolo malsano tramite il quale la malavita organizzata penetra nella società civile ed economica, spesso senza neanche dover ricorrere alla minaccia armata, avvolgendo e soffocando tutta la comunità. Ripetendo le parole usate dall’arcivescovo Bergoglio (ora papa), Corbucci ha ricordato che la corruzione è una “ragnatela che tende ad espandersi, imponendo complicità. Un lungo cammino in cui si procede scivolando, e trascinando con sé altre persone”.

In questo senso, la lotta alla corruzione è una lotta per la libertà individuale e sociale, che richiede il contributo di tutti e che, come sottolineato da un intervento dei presenti, deve partire anche da un profondo e rigoroso esame di coscienza della politica e dei partiti. A conclusione della serata non è mancato il richiamo non solo ai fatti di Roma Capitale, ma anche alla condizione locale di Rignano Flaminio, di recente teatro di diversi arresti legati a infiltrazioni della malavita organizzata calabrese.

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Alla serata era presente fra il pubblico anche il sindaco di Rignano Flaminio Fabio Di Lorenzi che, sollecitato sull’argomento, ha raccontato ai presenti dei diversi atti intimidatori di cui è stato oggetto, insieme alla sua famiglia, per le iniziative assunte contro la criminalità organizzata (dall’eliminazione di recinzioni abusive nella zona di Vallelunga, al recupero di immobili sequestrati), e più di recente per le dichiarazioni di soddisfazione espresse a mezzo stampa per l’arresto di diversi malavitosi e loro prestanome nell’ambito dell’operazione “Fiore calabro”.

Le intimidazioni di cui abbiamo appreso venerdì sono raccapriccianti e non lasciano spazio a dubbi. Al sindaco va la totale e incondizionata solidarietà dell’associazione Big Bang Rignano Flaminio e, ne siamo sicuri, di tutti i cittadini. Il contrasto alle organizzazioni criminali è una battaglia che va condotta nell’interesse di tutti, evitando l’isolamento. Per questo, invitiamo il sindaco a coinvolgerci nella sua azione, sicuro del nostro sostegno.

Il Palazzo di vetro

Palazzo di vetro

Il 13 febbraio 2015 ci vediamo nella Biblioteca comunale di Rignano Flaminio per presentare il libro di Riccardo Corbucci “Il palazzo di cristallo, la trasparenza come strumento di lotta alla corruzione”.

L’evento sarà un’opportunità per parlare della trasparenza come metodo di lotta alla corruzione, ma anche della corruzione come forma mentis sociale, del caso Italia, delle raccomandazioni degli organismi internazionali, del gioco delle parti fra politica e amministrazione.

Interviene l’autore, Riccardo Corbucci,  presidente del consiglio del III municipio.

Open data: un’opportunità da non perdere

(Intervento presentato da Raffaella Rojatti all’incontro degli (ex) Comitati Pro Renzi di Roma e del Lazio del 29 marzo 2014. A questo link il resoconto di tutta la giornata)

Open Data for dummies

Open data è una locuzione che è entrata con prepotenza nel dibattito pubblico, a livello europeo e mondiale.

Come spesso accade, però, in molti casi questa espressione è stata adottata dalla politica italiana con una certa superficialità e imprecisione. Oltre all’immancabile confusione con i concetti di Big Data e di open government (che non tratterò qui), la mia sensazione è che spesso gli open data vengano percepiti e presentati in modo fuorviante.

Il primo elemento fuorviante consiste nel parlare degli open data come di un prerequisito indispensabile e immediato di trasparenza. Come se la pubblicazione dei dataset fosse una condizione necessaria e sufficiente per dare ai cittadini una comprensione immediata di quanto accade nella pubblica amministrazione.

Ora, chiunque abbia scaricato un dataset dei tanti in corso di pubblicazione sa benissimo che non è così. Gli open data sono dati grezzi, e questo essere grezzi (che è anche, come vedremo, il loro valore principale) non ne garantisce una fruizione immediata da parte del proverbiale uomo della strada. Un file csv (il tipico, ma non unico, formato di un dataset open data) è una serie di numeri e nomi, separati da virgole. Molto utile, ma sicuramente non di immediata lettura.

Il secondo elemento fuorviante riguarda il modo di fare open data da parte delle pubbliche amministrazioni. A sentir parlare molti operatori, la sensazione è che nelle pieghe più periferiche della PA italiana, gli open data (e i collegati finanziamenti) siano percepiti – anche in buona fede – come la giustificazione per pubblicare nuovi siti, app o infografiche per promuovere il turismo o altri settori economici particolari.

Eppure, “fare open data” è una cosa molto più semplice e a suo modo rivoluzionaria e pervasiva. Vediamo perché, facendo un piccolo passo indietro.

I dati della PA: un bene comune

Quando si parla di open data si fa riferimento ai dati che la pubblica amministrazione produce nel normale svolgimento delle proprie attività. Non bisogna inventarsi niente, i dati ci sono già e riguardano la vita di tutti noi. Sono, per esempio, i pagamenti ai fornitori e le relative tempistiche, i volumi della raccolta differenziata e le relative tariffe, la qualità delle acque, i dati associati all’organizzazione del trasporto scolastico o locale, con tragitti, numero di utenti e costi, quelli associati alla gestione della viabilità, dell’illuminazione pubblica, delle concessioni, dei passi carrabili, il piano regolatore e molti altri.

Dati che — verosimilmente — dovrebbero già essere utilizzati dalla pubblica amministrazione non solo per operare delle scelte, ma anche per valutare l’efficacia e i costi delle proprie attività.

La filosofia degli open data pretende che questi dati grezzi, che la PA genera e utilizza, vengano restituiti ai cittadini e all’economia, che ne hanno finanziato la produzione con il pagamento delle imposte. Il metodo di restituzione è ovviamente quello della pubblicazione sul web, rispettando tuttavia due requisiti di apertura:

  • Il formato. I dati devono essere pubblicati in un formato che ne consenta l’utilizzo e la manipolazione. Non tabelle in pdf, immagini immodificabili, ma appunto serie di dati (numerici o geografici) collegati e modificabili per effettuare analisi, accorpamenti e collegamenti o qualsiasi altra operazione utile all’analisi e alla comprensione;
  • La licenza. I dati devono essere pubblicati con una licenza che ne consenta il riutilizzo, anche (e soprattutto, direi) a fini commerciali.

Perché se i dati sono materia prima di proprietà dei contribuenti, allora questa “materia prima” deve essere riutilizzabile da chiunque sia interessato per controllare l’operato della PA, ma anche per fare analisi economiche o compiere scelte commerciali.

Sapere quanti parrucchieri operano in una determinata area, in rapporto magari alla popolazione femminile, aiuterà gli operatori ad assumere iniziative commerciali più consapevoli. Conoscere gli orari e la posizione degli autobus consentirà di analizzare l’efficienza del servizio e a proporre miglioramenti (a Roma, già comincia a succedere, anche perché l’Atac sembra avere un ottimo, quanto poco utilizzato,  servizio open data).

Tutto questo ci porta all’aspetto più ampio e rivoluzionario per la pubblica amministrazione e, direi, anche per la società italiana nel suo insieme. Non ci può sfuggire infatti che fare open data è un modo radicale di esporre  la propria attività all’analisi razionale sia all’interno che all’esterno della PA.

Pubblicare i dati grezzi significa costringersi a far emergere le logiche, gli assunti, le pietre fondanti della propria attività. Certo, è possibile che questa operazione di emersione evidenzi come spesso la pubblica amministrazione non opera basandosi su dati oggettivi, ma scoprirlo è già un primo passo per correggere la situazione, promuovendo l’efficacia e l’equità.

Pubblicare i dati grezzi significa anche accettare una logica di lavoro condiviso, e passare a una mentalità in cui l’informazione è sì potere, ma non individuale (da tenere per sé), quanto piuttosto collettivo (da condividere per migliorare). In cui l’analisi dei processi  non deve servire solo a individuare responsabilità e punire i “colpevoli”, ma anche e soprattutto a migliorare i processi ed eliminare gli errori.

In una pubblica amministrazione dominata dallo spauracchio del danno erariale, uno strumento che alla fine sembra essere più utile a bloccare le iniziative che ad impedire gli illeciti, questa sarebbe una rivoluzione non da poco.

Ma se gli open data non garantiscono trasparenza immediata, chi può aiutarci a farne emergere il significato e valore? Sicuramente non la PA stessa, o perlomeno non solo, dato che non è l’oste-amministrazione che deve dirci se il suo vino è buono o indirizzare le nostre scelte economiche. Ci vuole anche il contributo di altri operatori, società, associazioni, scienziati.

A lezione dagli hacker: SOD14 e altre lezioni

Il caso vuole proprio mentre noi teniamo questo incontro a Roma, a Bologna si stia svolgendo il secondo raduno della community Spaghetti Open Data, un gruppo spontaneo di hacker civici che, da fronti diversi promuove la cultura degli open data.

Il nome  e lo spirito goliardici non deve trarci in inganno: Spaghetti Open Data è una comunità che conta al suo interno persone di indubbia autorevolezza (penso a Alberto Cottica). E che interagisce con associazioni, volontariato, università.

L’anno scorso, uno dei progetti lanciati durante SOD13 è stata la creazione di “twitantonio.it”, un database on line (di cui parlo qui),  che avrebbe dovuto consentire ai cittadini di entrare in contatto con i candidati alle elezioni politiche tramite twitter,in modo pubblico e quindi più efficace delle solite lettere e mail personali. Il precursore era tweet-your-mep (con gli eletti del Parlamento europeo, visibile qui).

Al di là degli esiti del progetto, l’esperienza mi ha colpito per la rapidità e la fluidità con cui una trentina di persone sparse su territori diversi è partito da un’idea coordinandosi e realizzandola in tempi inconcepibili per una società come quella italiana, in cui, come afferma Matteo Renzi, il tempo è erroneamente considerato una variabile indipendente.

Una bella lezione per la politica militante e un invito a correre di più anche noi, aderendo allo spirito e ai ritmi che l’epoca attuale ci richiede.


 

Quattro passi nel Quarto: si parte

Il “Progetto Quarto” è un’idea emersa per caso, che all’inizio non prendevamo neanche sul serio, ma che poi ci si è imposta  per l’entusiasmo e la curiosità con cui è stata accolta dalle tante persone con cui abbiamo parlato e stiamo parlando.

Al centro del progetto, descritto qui, è un territorio che ci attira perché è bello, e perché è di proprietà comunale, quindi un bene comune.

Domenica 16 marzo abbiamo lanciato la prima di una serie di iniziative, il cui obiettivo immediato è di esplorare questo territorio, conoscerlo e (ri) cominciare a prendercene cura, anche con l’aiuto dell’Amministrazione comunale.

Il nostro obiettivo più di medio termine è di portare questa area al centro del dibattito pubblico, e discutere insieme all’amministrazione, alle altre associazioni civiche e ai cittadini sul suo destino e le sue potenzialità.

Comunque, partiamo dalle cose semplici. Il percorso della passeggiata (che ripeteremo) è stato questo:

  • Partenza dai Vicoli di Rignano Flaminio
  • Chiesa di San Vincenzo e Anastasio
  • Via di Sant’Abbondio
  • Cascata del Cognonte
  • La Murella
  • Valle dell’Inferno (galoppatoio)
  • Laghetto di Vallelunga

Per il ritorno è necessario percorrere lo stesso tragitto all’inverso, ma abbiamo preferito lasciare delle auto a Vallelunga e tornare a Rignano Flaminio per la via Flaminia.

Qui sotto il tragitto, di 5 chilometri circa,  come rilevato da GPS. Alla prossima!

 

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Verso le primarie: Roberto Giachetti a Rignano Flaminio

L’8 dicembre si svolgono le primarie del Partito Democratico per l’elezione del nuovo segretario e candidato premier del PD.

Queste elezioni portano con sé una forte domanda di cambiamento, una domanda che si avverte sia all’interno del PD che nella società nel suo insieme. Noi riteniamo che questa domanda sia legittima (l’Italia ha bisogno di cambiare) e che Matteo Renzi sia il candidato che risponde in modo più credibile a questa necessità.

Parte della credibilità di Matteo è ascrivibile anche alla qualità dei suoi sostenitori, fra cui  Roberto Giachetti. Qui Roberto ci parla della sua ultima battaglia contro il Porcellum e per la credibilità della politica.